La carenza idrica sofferta da numerosi comuni del basso Molise in questi giorni sembra una beffa, dopo la recente disponibilità a cedere l’acqua del Liscione alla Puglia. La gestione della risorsa idrica in Molise fa acqua da tutti i pori: lo denunciamo già dal 2015 in Consiglio regionale.
Di Patrizia Manzo, portavoce M5S in Consiglio regionale del Molise
In Molise i cittadini restano ancora una volta senza acqua, privati di un diritto! Eppure, la nostra terra ci ha fornito una risorsa naturale in abbondanza ma, evidentemente, non siamo stati capaci di usarla in modo sostenibile.
È indubbio che ognuno di noi debba tenere un comportamento responsabile. Le regole base dovrebbero essere chiare: non usare acqua delle reti comunali per innaffiare orti, per riempire piscine, per lavare le auto, chiudere il rubinetto mentre ci si insapona. Ma la politica, per consentire di usufruire del diritto all’acqua, ha un dovere: deve rimettere al centro un tema fondamentale di bene comune.
Cosa non va nella gestione idrica in Molise?
È impensabile e non più sostenibile un organo di rappresentanza che non discuta mai di programmazione e pianificazione di un bene pubblico quale è l’acqua. Ricordo la questione delle nomine nel cda di Molise Acque ma si dimentica che spetta al Consiglio regionale la programmazione della gestione della risorsa. Il dibattito è incentrato sempre e inesorabilmente su altro: poltrone, strapuntini, deleghe!
Da anni mi occupo del tema, a me molto caro in quanto vitale. Perché l’acqua è vita! Ricordo, come esempio, l’interrogazione sui controlli della qualità dell’acqua (2016), il dibattito sul territorio sollevato su Egam (2015) col coinvolgimento dei sindaci, delle associazioni, della struttura regionale, dei consigli comunali e di quello regionale, le interrogazioni parlamentari e regionali su acquedotto molisano centrale (2016, 2019), quella sul lago di Occhito (2019), gli accessi agli atti recenti sulla capacità della nostra risorsa (2020) o i verbali delle riunioni per cedere acqua del Liscione alla Puglia (2020), il deliberato poi diventato legge sul principio di acqua pubblica bene comune (2015).
Queste sono solo alcune delle iniziative portate avanti dall’opposizione. La tutela dell’acqua, tuttavia, va affrontata con partecipazione e coinvolgimento di tutti, con intelligenza collettiva.
Bene l’azione messa in campo dai sindaci che stanno facendo sentire forte il loro dissenso in rappresentanza delle loro comunità. È con loro che occorre pianificare le giuste risorse per interventi infrastrutturali per ridurre le perdite e perseguire un ciclo virtuoso di uso dell’acqua.