Mi sono impegnato in questi anni per far sì che le tre centrali idroelettriche a valle della Diga del Liscione potessero essere trasferite dopo la scadenza a Molise Acque, ottenendo l’approvazione di una norma che permette all’azienda di poter esercitare un diritto di prelazione nel caso la Regione bandisca una procedura comparativa dopo l’istanza di rinnovo. L’Autorità Garante della Concorrenza vieta il rinnovo automatico delle concessioni, anche per le piccole derivazioni, e le norme dicono che può gestirle Molise Acque. Il Governo regionale deve rispettarle.
Le centrali idroelettriche a valle del Liscione sono costruite su opere idrauliche pubbliche, ma affidate alla gestione privata da trent’anni. Parliamo di concessioni che fruttano svariati milioni di euro al gestore, a fronte di canoni di locazione irrisori. Consapevole di questa situazione, già da inizio legislatura mi sono impegnato per far sì che le tre centrali idroelettriche, oggetto di concessioni in scadenza, potessero essere trasferite ad una gestione pubblica in capo a Molise Acque.
L’azienda pubblica versa in una grave situazione debitoria, a causa di bollette energetiche milionarie, che potrebbe compensare proprio gestendo gli impianti di produzione d’energia. Molise Acque, va ricordato, vanta già esperienze operative nel settore.
La vicenda è stata oggetto di mozioni, interpellanze e audizioni in Consiglio regionale della governance dell’Azienda speciale, nonché di altri formali solleciti. Abbiamo ottenuto anche un primo, significativo risultato con l’approvazione di una norma regionale che permette alla stessa Molise Acque di poter esercitare un diritto di prelazione, nel caso la Regione bandisca una procedura comparativa dopo l’istanza di rinnovo. Ma non basta.
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) un anno fa ha chiarito alle Regioni: l’automatico rinnovo, previsto per le assegnazioni delle concessioni per piccole derivazioni idroelettriche in scadenza, non è conforme ai principi comunitari in materia di attribuzione di titoli per l’esercizio di attività economiche e deve essere rimosso con nuove disposizioni normative, evitando l’introduzione di misure che possano impropriamente avvantaggiare il gestore uscente.
L’AGCM cita la Direttiva comunitaria ‘Bolkestein’, ma anche le sentenze del Tribunale superiore delle acque pubbliche, della Cassazione e della Corte Costituzionale. Il principio ribadito nelle sentenze è chiarissimo: quando sono in gioco occasioni di vantaggio per i privati, in relazione a beni pubblici la cui disponibilità sia limitata, l’Amministrazione deve rispettare i principi di non discriminazione e pari trattamento. Le concessioni di grandi derivazioni d’acqua a scopo idroelettrico (oltre i 3 Kw) devono essere messe a bando, come già previsto dal ‘Decreto Bersani’ del 1999. Ma vanno messe a bando anche le piccole derivazioni, come i tre impianti idroelettrici con le concessioni in scadenza. Tra l’altro, le potenze nominali di questi impianti, cumulate tra loro, già superavano di gran lunga il limite di 3 kw.
Attualmente la Regione Molise è in una situazione di inerzia e di incertezza, come si evince dalla risposta dell’assessore Niro alla mia ultima interrogazione in Consiglio. Niro, infatti, ha letto il parere dell’Avvocatura regionale e ha dichiarato che, in seguito alle richieste di rinnovo delle concessioni ci sono due strade possibili. La prima strada va verso un bando per una procedura comparativa, in cui troverebbe applicazione la norma regionale sul diritto di prelazione per Molise Acque. Nella seconda ipotesi si procederebbe al rinnovo automatico, impedendo di fatto l’esercizio del diritto di prelazione.
Non si conoscono, tuttavia, le intenzioni del governo regionale. A detta dell’assessore, spetterebbe alla struttura regionale ‘valutare tutti gli interessi in gioco con opportuna ponderazione e stima delle conseguenze derivanti dall’una o dall’altra opzione’.
Di fatto, questo stallo non ha fatto altro che prolungare la durata delle concessioni, già giunte a scadenza. In tutti questi anni, la gestione privata degli impianti è stata redditizia: milioni di euro di proventi, a fronte di modesti canoni di concessione e modesti corrispettivi per il couso delle opere idrauliche pubbliche a valle della diga. Gestione ancora oggi in capo ad una grossa impresa di costruzioni romana, attraverso società di scopo. Sull’intero territorio regionale sono ben sette le centrali gestite dalla stessa impresa e dalla stessa controllata società di scopo, per una potenza complessivamente installata pari a oltre 10.000 Kw.
Ma le concessioni non possono durare all’infinito e la Regione, a mio avviso, è obbligata a procedere verso forme di evidenza pubblica nelle concessioni idriche, in piena conformità ai vincoli derivanti dalla Costituzione, dall’ordinamento comunitario e, quindi, nel rispetto dei principi di tutela e promozione della concorrenza. Fermo restando il diritto di prelazione e i naturali benefici per le casse pubbliche dell’Azienda speciale regionale.