La pandemia e la necessità di ricostituire la Conferenza dei Sindaci, prevista da una legge regionale del 1997 e regolamentata nel 2010, hanno fatto emergere il bisogno degli Enti locali di ritrovare un luogo di concertazione dove poter essere parte attiva delle decisioni regionali che ricadono sui loro territori. Ci sono voluti anni per ricostituire la Conferenza dei Sindaci Asrem ma non sono bastati ad evitare l’eccessiva frammentazione degli organismi che rischia di creare confusioni su ruoli, competenze e capacità concreta di agire.
Di Patrizia Manzo, portavoce M5S in Consiglio regionale
L’organismo, infatti, ha un raggio d’azione ben preciso, stabilito dalla norma: può esprimere parere in merito al conseguimento, da parte del direttore generale dell’Azienda sanitaria regionale dei risultati aziendali ed al raggiungimento degli obiettivi, può avanzare proposte alla Regione per la revoca del direttore generale dell’Azienda sanitaria regionale o per non disporne la conferma, può designare un componente del Collegio sindacale Asrem. Ha poi compiti consultivi nel settore dell’integrazione tra i servizi sanitari ed i servizi socio-assistenziali. In particolare, poi, alla Conferenza dei Sindaci Asrem compete la promozione dell’integrazione tra i servizi sanitari ed i servizi socio-assistenziali e i pareri sul programma delle attività distrettuali.
Il raggio d’azione della Conferenza e i rischi di sovrapposizione
Indiscussa, quindi, l’importanza di poter esprimere parere in merito ai risultati della nostra Azienda sanitaria ma il perimetro nel quale può muoversi è delimitato da una normativa che corre il rischio di sovrapporsi ad altri organismi, già esistenti, che invece potrebbero incidere nelle scelte e nelle decisioni, nella programmazione e nell’attuazione di quella integrazione socio-sanitaria che dovrebbe essere il faro.
Esiste, ed è in vigore dal 2014, una legge regionale – la numero 13 – che di fatto ha istituito (sebbene non siano costituiti come ho reclamato più volte) gli organismi di consultazione e di partecipazione che potrebbero avere capacità di incidenza sui processi: la Consulta per le Politiche Sociali e la Conferenza regionale delle Politiche sociali. Una norma fortemente innovativa ma sostanzialmente inapplicata, come troppo spesso accade in Molise. Una legge che parla il linguaggio che oggi più che mai dovremmo applicare: quello dell’integrazione delle politiche sociali e sanitarie.
Il ruolo del CAL
Ed esisterebbe, ma è di fatto bloccata – motivo per il quale al Molise è assegnata la maglia nera per essere l’unica regione d’Italia a non aver mai legiferato in merito, nonostante la modifica statutaria dopo il 2001 -, una proposta di legge che disciplina il Consiglio delle Autonomie Locali: un organismo che dovrebbe (anche in questo caso, purtroppo, il condizionale è d’obbligo) regolare i rapporti tra la Regione e gli Enti Locali attraverso una forma di coordinamento tra i vari livelli di governo analogamente alla Conferenza Stato-Regioni. Proposta bloccata in Prima commissione nonostante le audizioni e l’approvazione degli emendamenti redatti con la struttura legislativa con professionalità e competenza.
Sottoporrò ai Sindaci la mia proposta di legge
Gli Enti locali – ai quali la Costituzione garantisce un organismo per far sentire la propria voce, per proporre eventuali correttivi, per confrontarsi con la Regione, per interloquire con pari dignità con le Istituzioni, per chiedere ascolto anche sul tema delle politiche socio-sanitarie che oggi più che mai richiedono l’approccio integrato che la legge regionale 13 del 2014 ha già ampiamente disegnato – dovrebbero essere messi nella condizione, nel rispetto della loro autonomia, di riunirsi nel Consiglio delle Autonomie Locali.
La proposta di legge, di cui sono prima firmataria sulla disciplina del Consiglio delle Autonomie Locali e che avrò cura di inviare all’attenzione dei Sindaci, purtroppo è in stand by da due anni nelle segrete stanze della Commissione preposta.
I Sindaci sono la finestra aperta sui territori, gli interlocutori delle comunità piegate da anni di piani di rientro dal debito, da scelte scellerate in tema di sanità pubblica e da tagli indiscriminati a una sanità ospedalocentrica che non ha potenziato la medicina territoriale rendendo difficile se non impossibile l’erogazione dei servizi.
Le norme ci sono: mettiamole in pratica
Ritengo che il momento storico richieda di iniziare a divincolarsi dalle logiche e dalle conseguenti pastoie del dividi et impera perpetrato da anni dal potere centrale, preoccupato più di ogni altra cosa nell’ impedire che le differenti realtà territoriali – i cosiddetti Enti locali – possano unirsi nel CAL, così come previsto dall’articolo 123 della Costituzione e recepito dallo Statuto regionale, formando un unico, forte, autorevole e autonomo centro di potere dialettico con la Regione.
Le norme ci sono, alcune inapplicate e altre mai portate a compimento. Leggi che disegnano percorsi percorribili, che non creano fraintendimenti o aspettative irrealizzabili.
Non è il momento di disperdere energie, dobbiamo essere comunità e quindi insieme individuare il percorso – legittimo, migliore e concretizzabile – per avere davvero la possibilità di incidere nelle scelte partendo dai fabbisogni delle nostre comunità.