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Covid-19, tutti rispettino i protocolli comunicativi

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In una fase di emergenza come questa, dove si rincorrono notizie ufficiose e fake news, si rischia che il panico inneschi una vera e propria “caccia all’untore”. È perciò fondamentale saper spiegare a sindaci e cittadini ciò che accade e come comportarsi per non creare allarme sociale. Ma in regione si registra un black-out nei flussi delle comunicazioni ufficiali, che non possiamo più permetterci. Eppure le direttive del Governo nazionale in tal senso sono chiare. Basterebbe rispettarle

Di Patrizia Manzo, portavoce del M5s e vice presidente del Consiglio regionale 

Non è il tempo delle polemiche, su questo non posso che dirmi assolutamente d’accordo con la presidente dell’Ordine dei Medici di Campobasso che ha chiamato tutti, istituzioni e cittadini, al rigore e al rispetto pieno dell’unico mezzo che abbiamo per contrastare il dilagare del contagio: il distanziamento sociale. Viviamo tutti la stessa emergenza quella che ci tiene chiusi in casa e che, dopo venti giorni di isolamento, comincia a creare crepe, cedimenti, preoccupazioni. Per questo comprendo bene, perché le vivo anche io, le ansie di chi oggi teme di poter cedere alla paura. Dopo tanti giorni di distanze sociali, che non significano solo non poter prendere un aperitivo o fare una corsetta al parco, ma essere fisicamente lontani, in un momento particolarmente difficile, dagli affetti più cari, dai genitori anziani magari soli e a chilometri di distanza, dai figli, dagli amici.

In un momento così complicato, che non è destinato a finire presto come è evidente, non posso però far finta che non ci siano responsabilità corto circuiti che alimentano allarme sociale, che scatenano il panico nelle comunità, specialmente le più piccole dove ci si conosce tutti. Ed è quello che sta accadendo in alcuni centri della regione, messi a dura prova dalle recenti notizie di contagio.

Non solo Venafro e Pozzilli, Montenero di Bisaccia e Riccia, ma anche tanti comuni dove i sindaci non sono messi nelle condizioni di poter agire, con l’unico obiettivo di salvaguardare la salute dei propri concittadini.  Quello che è accaduto a Cercemaggiore, Vinchiaturo, Torella e Castropignano non può essere lasciato al silenzio dell’oblio. Ci sono precise responsabilità che vanno rimarcate e non per polemizzare, ma perché simili casi non accadano nel prossimo futuro negli altri comuni che potrebbero trovarsi nella stessa situazione difficile. Un effetto domino che il Molise non può permettersi, viste le dimensioni e l’età media dei suoi abitanti. Già di per sé è stato incomprensibile il ritardo (ben sette giorni), che in una realtà piccola come la nostra fanno la differenza in termini di rischio di contatti e contagi, con cui la Regione Molise ha attivato l’unità di crisi regionale rispetto alla circolare del Capo Dipartimento della Protezione Civile.

Ma resta ancora non adempiuta la gestione del flusso delle comunicazioni che, invece, è stato ben individuato e standardizzato dalla circolare e che deve essere seguito alla lettera. Tutto deve muoversi attraverso un ingranaggio molto preciso affinché i sindaci sappiano, con tempestività, le conseguenti azioni da assumere. L’Asrem deve comunicare con i primi cittadini, deve fornire loro le informazioni necessarie per poter mettere in campo le azioni conseguenti. Se è vero che la circolare del Ministero della Salute del 25 febbraio prevede che la procedura per la definitiva conferma di un caso Covid-19 è affidata all’Istituto Superiore della Sanità attraverso il suo laboratorio, non si può non prevedere dei passaggi intermedi per evitare la caccia all’untore. I sindaci non possono conoscere i casi di contagio attraverso il lavoro senza sosta dei giornalisti, che prima di pubblicare le informazioni di cui sono a conoscenza operano verifiche alla fonte e si attengono, purtroppo non tutti, al rispetto della privacy e della deontologia. Accade così che nomi e cognomi vengano ‘sbattuti’ in prima pagina, alimentando la triste ma purtroppo collaudata caccia all’untore che dilaga fra la popolazione e crea disagi e disfunzioni difficili da sanare.

Attenersi alla procedura corretta garantirebbe, appunto, anche il sacrosanto rispetto della privacy del paziente che non verrebbe esposto alla diffusione di dati sensibili, causata, a mio parere, dal cortocircuito istituzionale. E consentirebbe ai sindaci, che operano sul territorio, di tutelare la popolazione mettendo in campo azioni mirate, indispensabili ad evitare rischi enormi su comunità abitate prevalentemente dai soggetti più fragili, i nostri anziani, e programmare i servizi utili a sostegno di chi è in isolamento o in quarantena. Credo non sia più procrastinabile l’agire in perfetta coincidenza con quanto dettato a livello centrale, come ritengo sia urgente attivare un gruppo di lavoro composto da psicologi e psicoterapeuti che si prenda cura delle evidenti difficoltà emotive che molti stanno vivendo, una richiesta questa che ho ufficialmente avanzato in sede di tavolo permanente lo scorso martedì.

Di più: occorre accelerare ed essere tempestivi nella fase di studio dell’andamento del contagio che deve essere indagato dalle professionalità competenti come statistici, epidemiologi, infettivologi e docenti universitari del campo. Gli unici in grado di comprendere in anticipo l’evoluzione del coronavirus così da consentire alle Istituzioni le determinazioni più appropriate. A che punto è il lavoro del gruppo di studio e quali sono le risultanze alle quali sono giunti? Sottolineo, infine, che la comunicazione tra i vari livelli istituzionali deve avvenire nel rispetto di quanto deciso a livello centrale, adeguandosi alle direttive e alle circolari perché non si vivano più momenti di cortocircuito come quelli che oggi tengono in apprensione migliaia di cittadini.

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