Offrire un’alternativa ai minori cresciuti in zone con una forte presenza della criminalità organizzata, o provenienti da famiglie mafiose, è un dovere delle istituzioni. Il Consiglio regionale ha accolto all’unanimità un ordine del giorno che va in quella direzione, frutto del lavoro fatto con la Commissione regionale antimafia. Anche il Molise ha così aderito al progetto ‘Liberi di Scegliere’ ma, affinché il progetto decolli, ora è necessario definire un protocollo di intesa tra soggetti istituzionali.
di Vittorio Nola, portavoce del M5S in Consiglio regionale
Si tratta di uno strumento normativo di contrasto alla povertà educativa, finalizzato alla rieducazione e al reinserimento di minori e giovani provenienti da contesti criminali attraverso percorsi personali di sostegno ed inclusione sociale. L’iniziativa, già adottata in altre regioni, è inserita tra le proposte contenute nel Rapporto conclusivo della Commissione speciale a carattere temporaneo di studio sul fenomeno della criminalità organizzata in Molise, elaborato ed approvato lo scorso anno.
Tengo a sottolineare come il progetto nasca nell’ambito del tavolo di ‘Coordinamento delle Commissioni e Osservatori sul contrasto alla criminalità organizzata e la promozione alla legalità’, cui sono stato delegato.
Dopo l’approvazione dell’ordine del giorno, per far decollare l’iniziativa è ora necessario definire un protocollo di intesa con validità triennale, rinnovabile, con altri soggetti istituzionali tra cui la Direzione Distrettuale Antimafia, il Tribunale dei Minori, la Conferenza Episcopale Regionale.
L’istruttoria sarà curata dall’Ufficio di Presidenza della Regione Molise e il protocollo dovrà servire a garantire la tutela di minori e adulti, autori o vittime di reati, che vogliono affrancarsi da logiche criminali senza assumere lo status di testimone o collaboratore di giustizia.
In questo senso è previsto lo sviluppo di una rete operativa di supporto educativo, psicologico, logistico, scolastico, economico e lavorativo, ai minori e ai nuclei familiari destinatari di provvedimenti giudiziari per garantire loro concrete alternative di vita. Tutto ciò, attraverso l’offerta di esperienze formative e lavorative, con la creazione di una rete di case famiglia, strutture comunitarie ed operatori che siano di supporto, coinvolgendo anche gli uffici di polizia giudiziaria e le diocesi regionali.
Ritengo, insomma, che sia una iniziativa fondamentale per recuperare tanti giovani e accompagnarli lungo un percorso di legalità, reinserimento, inclusione e socialità.