Non è necessario leggere i dati Eurostat per capire che a livello occupazionale la nostra regione è in ginocchio, basta stare in mezzo alla gente, nei centri più grandi, come nei piccoli comuni. Se nei primi a farla da padrone sono le grandi aziende in crisi o i piccoli commercianti umiliati da politiche che privilegiano la grande distribuzione e desertificano i centri storici, per gli altri l’unica speranza per i più giovani è solo l’emigrazione, come cinquant’anni fa! È un processo al quale assistiamo da anni, ormai! Si adottano delle politiche che nulla hanno fatto per contrastare concretamente l’inesorabile invecchiamento della popolazione, la continua perdita di imprese, il calo degli occupati e un costante aumento delle persone sfiduciate che ormai un lavoro non lo cercano neanche più. Questo è senza dubbio inaccettabile ed è a queste persone che tutti noi dobbiamo dare delle risposte che siano di prospettiva e non di sole politiche passive.
“Una politica di piena occupazione è l’obiettivo a cui ogni Regione dovrebbe puntare, considerando che è una delle finalità di ogni comunità nel rispetto dell’essere umano. In tal senso non si può guardare al solo settore pubblico, in tutte le sue forme, ma si devono creare politiche occupazionali volte ad adottare un modello di sviluppo sostenibile, mirando ad incentivare la ricerca e lo sviluppo tecnologico in tutti quei settori che rispettano ed esaltano le peculiarità del territorio, come: le energie rinnovabili, la raccolta differenziata spinta, l’infrastrutturazione intelligente e il recupero edilizio, l’agricoltura a filiera corta, il turismo eco-sostenibile agroalimentare ed archeologico.”
Quello che ho appena letto era un estratto del nostro programma elettorale di febbraio 2013, quel programma che resta il nostro impegno sottoscritto con i cittadini molisani che vedono in noi dei loro portavoce all’interno di questa Istituzione. Quel programma che per noi resta un faro e che in ogni occasione in cui dovesse incontrarsi con le azioni di Governo di questa maggioranza non ci farà mai trovare indisponibili. Per quanto riguarda le energie rinnovabili quello che constatiamo è il perseverare di quella stortura speculativa che le grandi lobby dell’energia fanno sul nostro territorio (eolico in primis); per la raccolta differenziata spinta i Comuni, primi attori, restano ancora troppo indietro, mentre la Regione coinvolge le Comunità Montane, in eterna dismissione, ad attuare progetti di medio-lungo termine per avere il supporto impiantistico-tecnologico affinché l’indifferenziato sui territori possa essere gestito al meglio. È in queste settimane poi finalmente iniziata in terza commissione la discussione preliminare sul “piano casa” regionale che auspichiamo favorisca il recupero sismico-energetico delle abitazioni esistenti, piuttosto che favorire o condonare abusivismi e brutture varie: questo strumento potrà sicuramente conciliare, se ben redatto, ripresa del settore edilizio e miglioramento delle condizioni abitative dei nostri concittadini. Nelle nostre linee di indirizzo abbiamo citato “l’agricoltura a filiera corta” per risollevare le sorti di un settore, quello agricolo e zootecnico, che sente con forza il peso della crisi: la risposta quest’estate sembrava essere il progetto ranch “Gran Manze” che tutto avrebbe portato al nostro territorio fuorché benessere e occupazione! Il turismo infine resta un eterno sconosciuto nel dibattito di questo Consiglio: basta vedere quanto è stato destinato al settore nella manovra di bilancio approvato due mesi fa e il dibattito nato intorno a una semplice definizione di Albergo Diffuso descritto inizialmente come una casa di cura con assistenza socio-assistenziale. Per non parlare poi delle grandi infrastrutture come la famigerata Termoli-San Vittore che è a nostro avviso proprio l’antitesi del rilancio del settore edilizio.
C’è poi da salvaguardare il mondo del piccolo commercio, utile sia in termini di vivibilità dei nostri centri che in termini di posti di lavoro, considerando che ogni posto perso in questo settore è un posto che non si recupera più: chi ha resistito fino ad oggi lo ha fatto a costo di grandi sacrifici e accumulando anche qualche debito con banche e pubblica amministrazioni. In questo caso una qualche forma di dilazione non vessatoria per ripianare nel tempo il debito, unito ad una facilitazione all’accesso ad un credito commisurato ai dipendenti (ricordo che parliamo sempre di piccole imprese) ed ai volumi di affari per dare la possibilità di innovare, magari riuscendo anche a velocizzare i pagamenti di Regione ed enti locali alle imprese, potrebbe essere un buon inizio.
Parliamo di innovazione… sì, certo! È essenziale per un miglioramento della competitività del nostro tessuto produttivo, ma dobbiamo guardare in faccia la realtà e porci delle domande: dare un maggiore indirizzo politico rimanendo coerenti con quanto dichiarato in campagna elettorale. Perché vede presidente Frattura, i cittadini molisani se hanno votato con coscienza e con responsabilità allora si sono informati, si sono fatti una opinione scevra da qualsiasi strumentalizzazione e hanno appoggiato un programma, per noi unico patto con i cittadini.
Altra triste parentesi è quella delle società partecipate dalla Regione, degli enti sub-regionali, nonché della riorganizzazione del settore della sanità pubblica.
Partiamo da quest’ultima. Nell’ultima proposta di “Piano Operativo” per il riordino della sanità regionale a noi nota, quella di inizio febbraio, si prospettava un taglio di circa 16,7 milioni di euro in tre anni per gli operatori della sanità: mancato rinnovo dei precari, prepensionamenti con incentivi, blocco del turn over e 700 posti di lavoro in meno! Non siamo ad oggi ancora a conoscenza dei dettagli dell’ultimo aggiornamento del “piano operativo” presentato ormai qualche settimana fa al tavolo Massicci e ci auspichiamo che tali dati non siano stati riconfermati.
Chiarezza per il loro futuro è richiesta poi dai lavoratori di enti e società regionali come quelli della Molise Dati, del Korai, dell’Agenzia della Protezione Civile. Sicuramente queste sono situazioni rognose ereditate da una gestione amministrativa degli ultimi dieci anni sempre troppo spinta verso la gestione dell’emergenza o verso la politica dell’assistenzialismo diretto e indiretto fine a se stesso. Alcuni segnali incoraggianti per superare questo empasse li stiamo registrando, ma sarebbe auspicabile una maggiore incisività in questo senso: magari con la stessa determinazione con la quale si nominano e riassegnano incarichi a affiliati e alleati politici ai vertici degli enti regionali!