Ci sono voluti tre anni per la legge regionale sui Distretti del cibo. Ma nonostante il Molise sia tra le ultime Regioni a legiferare su questa materia, il risultato raggiunto è pressoché vuoto di significato. Manca infatti una chiara promozione delle produzioni biologiche. Un solo impegno generico in tal senso è stato preso grazie all’approvazione del nostro ordine del giorno, che cercava di rimediare ad un rifiuto della maggioranza. Ma perché il centrodestra molisano ha ‘paura’ di schierarsi a favore del biologico?
di Patrizia Manzo e Vittorio Nola, portavoce M5S in Consiglio regionale del Molise
Com’era prevedibile, all’indomani del voto in Aula assistiamo alla parata in pompa magna dell’assessore Cavaliere per l’approvazione di una legge che arriva in grave ritardo. Era importante licenziare il testo in Consiglio regionale? Certo, infatti abbiamo garantito la nostra partecipazione, prima in Commissione poi in Assise. C’è motivo di usare toni trionfalistici? Affatto.
La legge nazionale che istituisce i Distretti del cibo, lo ricordiamo, risale al dicembre del 2017. Da allora, diverse regioni si sono attivate per regolamentarli, riconoscendo le enormi potenzialità in un’ottica di rilancio del settore agroalimentare che si aprono innescando virtuosi processi di collaborazione. Il Molise, ahinoi, arriva ancora una volta in ritardo. A livello nazionale, il primo bando di finanziamento per i Distretti del cibo è stato pubblicato, c’è chi sta già facendo domanda. I futuri distretti che ci auguriamo nascano in regione sono, però, fuori tempo massimo per questa prima tranche di finanziamenti.
Perché la politica regionale ha ‘paura’ del biologico?
C’è di più. I Distretti del cibo, in generale, hanno tra gli obiettivi la riduzione dell’impatto ambientale delle produzioni e la sicurezza alimentare ma il testo licenziato in Aula manca di una chiara e decisa apertura al biologico. L’abbiamo sottolineato più volte durante il dibattito.
La richiesta di cibo di qualità, a chilometro zero, privo di pesticidi e Ogm è crescente, a livello globale. La generale riscoperta del concetto di naturalità del cibo coincide con la scelta di produrre biologico; ciò è necessario ma non sufficiente affinché il cibo perda definitivamente la natura di merce al servizio del profitto per tornare ad essere espressione di cultura e di identità del territorio, vettore turistico e di rilancio attraverso la produzione dei prodotti autoctoni.
Il Molise potrebbe rappresentare un’eccellenza in questo nuovo paradigma produttivo, con produzioni di qualità già note, anche all’estero, alle quali manca solo un’azione sinergica per l’approdo in mercati più competitivi, sfruttando i vantaggi dell’organizzazione in distretti. Ma la politica regionale non sembra avere il coraggio di scommettere sul futuro. Un futuro che passa, necessariamente, per il biologico. Non capiamo il perché.
Il nostro ordine del giorno per la promozione del biologico
Il Consiglio ha corretto parzialmente il tiro approvando all’unanimità il nostro ordine del giorno, che impegna il Presidente della Giunta e l’assessore competente a promuovere qualsiasi iniziativa utile ad incentivare e valorizzare la produzione di prodotti biologici sul nostro territorio. L’impegno prevede l’utilizzo di fondi, propri o europei, nella consapevolezza che la domanda di autenticità degli alimenti, di sostenibilità ed etica sociale saranno le dimensioni su cui costruire la nuova visione del cibo in futuro, nonché un modello di agricoltura sostenibile.
L’assessore Cavaliere si è anche impegnato, seppur informalmente, a disciplinare la governance dei nascenti distretti. Può sembrare un tecnicismo, ma definire le regole del gioco non è un aspetto secondario: occorre un organo di controllo nei distretti che sia responsabile non solo della regolarità dei conti, ma anche della puntuale rendicontazione dei finanziamenti ottenuti.
Ci auguriamo che il Molise non perda anche questa partita, che può trasformare un settore in crisi, quello agroalimentare, in un motore trainante capace di generare ricchezza per tutti.