Sull’annosa vicenda del raddoppio ferroviario Termoli-Lesina è stato fatto tanto rumore, con il susseguirsi di dichiarazioni contrastanti all’interno del centrodestra, tra i suoi rappresentanti comunali e regionali. È giunta l’ora di fare una seria operazione di trasparenza, analizzando gli atti ufficiali prodotti finora, al di là delle ambigue dichiarazioni a mezzo stampa rilasciate dai singoli attori politici.
di Valerio Fontana e Patrizia Manzo, portavoce M5S in Consiglio regionale del Molise
La questione è quanto mai importante per lo sviluppo del nostro territorio. Parliamo di un progetto da 700 milioni di euro che, in un modo o nell’altro, inciderà sul futuro dell’intera regione. I cittadini hanno dunque il diritto di essere informati a dovere.
Il documento centrale sul raddoppio Termoli-Lesina è il Protocollo di intesa del 2005, seguito dall’atto integrativo del 2006, siglato dall’allora sindaco di Termoli, Vincenzo Greco (centrosinistra), e dal Ministro dei Trasporti, Antonio Di Pietro. Già in quel documento leggiamo chiaramente come il Comune ritenesse fondamentale, in una prospettiva di lungo termine, lo spostamento della linea ferroviaria al di fuori del centro urbano.
In linea con quella posizione, nel 2014 la giunta di centrodestra a guida Di Brino rilascia un parere sfavorevole al raddoppio ferroviario, a meno che non si assumesse un impegno formale per la delocalizzazione dell’intera rete e della stazione in prossimità di autostrada e tangenziale, com’era già avvenuto proprio a Lesina. Nella giunta Di Brino sedevano le stesse persone che oggi, in qualità di consiglieri o assessori, compongono la maggioranza guidata da Francesco Roberti, della stessa area politica.
È indubbio come il centrodestra abbia sempre caldeggiato lo spostamento della stazione di Termoli mentre ora il sindaco Roberti tenta di correggere il tiro, parlando dello spostamento della sola stazione merci. Non troverete mai, in un documento ufficiale, alcuna distinzione formale tra uno scalo merci e la stazione passeggeri.
Per far capire ai cittadini di cosa stiamo parlando, la questione dibattuta da decenni riguarda due esigenze di fondo: ricucire le aree della città adriatica divise dal tracciato ferroviario e mitigare l’impatto acustico, che sarà sempre più forte con il raddoppio dei binari ed il conseguente aumento del traffico di mezzi, anche più veloci e dunque più rumorosi di quelli attuali. È solo nell’ultimo anno che il dibattito politico si è spostato sulla questione dell’impatto acustico, in quanto a nessuno piace la soluzione più ovvia e immediata di installare le famigerate barriere anti-rumore. Ma la questione, al di là delle dichiarazioni sporadiche, è stata affrontata per la prima volta nel Consiglio regionale del 31 luglio 2018, con la delibera presentata d’urgenza dal consigliere di maggioranza, Andrea Di Lucente, che abbiamo votato anche noi, sebbene poco incisiva. Con quel documento, la Regione Molise invitava Rfi (gestore della rete ferroviaria) a valutare soluzioni alternative alle barriere anti-rumore. Nei nostri interventi abbiamo sottolineato che le alternative possibili erano solo due: lo spostamento in trincea del tratto ferroviario urbano, ovvero abbassare la linea ferrata e la stazione, o lo spostamento dell’intera linea.
Immediatamente dopo quel Consiglio, abbiamo chiesto all’assessore ai trasporti, Vincenzo Niro, quale soluzione intendesse portare avanti. Ci ha risposto il Presidente Toma: la Regione stava valutando di proporre lo spostamento della tratta verso l’entroterra, con un collegamento che da San Salvo doveva condurre a Campomarino, passando alle spalle del comune di Petacciato. ‘Tale soluzione che consentirebbe pertanto di mettere in sicurezza una volta per tutte l’importante tratto ferroviario in questione – ci risponde il Presidente – prevede tra l’altro, l’eliminazione delle due stazioni ferroviarie di Campomarino e Petacciato con la concentrazione di tutto l’accesso alla rete ferroviaria, dei viaggiatori e delle merci, nella stazione di Termoli da dislocare a ridosso della Zona Industriale, oggetto ancora di rilevanti margini di sviluppo di tipo commerciale ed industriale’. Una soluzione che, per il governo regionale, permetterebbe di raggiungere due obiettivi: bypassare l’attraversamento del centro di Termoli, evitando così anche le barriere anti-rumore, ed evitare che il tracciato ferroviario continuasse a transitare a valle della frana di Petacciato.
In linea con quanto ci ha risposto in quell’occasione il Presidente Toma, arriva anche la delibera di giunta regionale del 25 novembre 2019, che rincara la necessità di trovare una ‘migliore collocazione in termini urbanistici, di edilizia, di accessibilità e di fruibilità, anche commerciale’ della stazione termolese, ‘favorendo lo sviluppo di un sistema intermodale di trasporto in ambito regionale ed interregionale’. L’unica differenza tra i due documenti sta nel fatto che nel secondo si prevede la riqualificazione della stazione di Campomarino, invece della sua chiusura. Dunque, per la giunta regionale di centrodestra la stazione di Termoli va spostata.
Volendo fare ulteriore chiarezza, la portavoce M5S Carmela Grippa, componente della Commissione Trasporti della Camera dei deputati, ha sollevato dei quesiti ad Rfi. Il gestore della rete ferroviaria risponde che il progetto di raddoppio della Termoli-Lesina inizia a circa 2,5km a sud della stazione di Termoli, che dovrebbe dunque restare lì dov’è. Rfi aggiunge poi che l’iter approvativo del progetto di raddoppio è assolutamente indipendente dallo sviluppo di un eventuale nuovo progetto sulla stazione stessa, che punti a ricucire le due zone della città e a migliorare l’area circostante lo scalo.
Riguardo al piano di risanamento acustico, invece, Rfi sottolinea come sia stato redatto ai sensi del decreto ministeriale del 29 novembre 2000 ed approvato dalla Conferenza Stato-Regioni. Successivamente, Rfi ha inviato i progetti preliminari ai comuni interessati ma, sottolinea il gestore, ‘a gran parte di tali progetti i Comuni non hanno neanche risposto’.
Ma se i nostri rappresentanti politici non hanno portato avanti le ragioni del territorio molisano né in Conferenza Stato-Regioni né rispondendo ad Rfi come pensano di risolvere la questione? Ma soprattutto, qual è la loro posizione, visto che dicono tutto e il suo contrario?
Se non è chiara la posizione del centrodestra molisano sul futuro della ferrovia adriatica, cruciale per lo sviluppo infrastrutturale e commerciale del nostro territorio, è ancora più grave il fatto che confondano le idee ai cittadini. A Termoli, in particolare, veniamo da una campagna elettorale per le amministrative incentrata sul nodo della partecipazione popolare. Eppure nessuno ha ancora pensato di inserire il tema del raddoppio ferroviario all’interno della procedura democratica del dibattito pubblico. Lo strumento, previsto da un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 2018, si applica proprio alle opere con un forte impatto sui territori interessati. Impatto innegabile, in un progetto da 700 milioni che potrebbe ridisegnare le mappe della costa molisana.
Spostare o no la stazione? Crediamo che i cittadini vadano coinvolti in questa decisione cruciale, che non può e non deve essere presa nelle segrete stanze da pochi politici. A giudicare dalle dichiarazioni divergenti, nelle fila del centrodestra mancano idee chiare, una visione strategica sul futuro della nostra regione. Potrebbero allora cogliere l’occasione per far esprimere i cittadini, che altrimenti subirebbero le loro scelte, con l’aggravante della disinformazione che stanno portando avanti.
Ricapitolando, ci sono stati 4 atti sulla vicenda del raddoppio ferroviario (la delibera di giunta comunale del 2014, la risposta di Toma all’interrogazione nel 2018, la delibera di giunta regionale di novembre scorso e la delibera di giunta comunale dello stesso mese), dei quali l’ultimo va in contrasto con i precedenti.
Qual è allora la posizione del centrodestra? Dicano alla popolazione cosa intendono fare, in modo chiaro ed inequivocabile. Per governare occorrono idee chiare e trasparenza!