Frattura non è più in grado di governare. Il Movimento 5 Stelle presenta la mozione di sfiducia
Il primo risultato è stato raggiunto: anche il centrodestra ha raccolto il nostro appello, firmando la mozione di sfiducia al Presidente della Giunta regionale, Paolo Frattura. Avevamo bisogno di almeno cinque firme: le due del Movimento 5 Stelle sono pronte da tempo, ora ne sono arrivate altre quattro.
La mozione è stata appena depositata presso l’Ufficio di Presidenza. Ora, secondo il regolamento del Palazzo regionale, verrà discussa in Consiglio entro 15 giorni: possibile che si arrivi alla prima settimana di dicembre.
Si tratta di un atto dovuto nei confronti delle migliaia di cittadini stanchi dei siparietti di questi mesi, ma non solo. La situazione drammatica del Molise è sotto gli occhi di tutti, confermata da vertenze lavorative, sanitarie, infrastrutturali. Abbiamo lanciato decine di allarmi, ma le risposte non sono arrivate, le soluzioni non sono state trovate.
Frattura manca di credibilità istituzionale e politica. Ormai simbolo di dileggio nazionale, con le sue magagne personali e amministrative il governatore ha minato la credibilità dell’intero Molise. Attaccato dai media, contestato dai cittadini, delegittimato dai parlamentari del suo stesso partito: un Pd a perenne rischio implosione che non riesce a garantire alla Giunta le basi solide per andare avanti.
A questo si aggiunga il disorientamento, quasi la confusione della maggioranza consiliare per la nascita degli intergruppi di cui pochi capiscono le cause, nessuno il significato.
E che dire della commistione tra politica, parte dell’informazione e degli organi inquirenti? Una telenovela che, a prescindere da carte bollate ed eventuali colpi di scena, indebolirà ancor più le istituzioni.
Questa Giunta regionale non può risolvere i problemi dei molisani e non può garantire stabilità alle istituzioni, quindi mancano i presupposti per andare avanti. Non possiamo restare inerti a guardare il Molise che muore.
Il tempo è scaduto, è il momento di tornare al voto. Ora vediamo chi ha paura del giudizio popolare.
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