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Tunnel: oltre la riqualificazione urbana, affare edilizio nascosto ai termolesi

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La questione del famigerato “Tunnel” di Termoli è tornata alla ribalta a seguito della sentenza del Consiglio di Stato dell’11 aprile scorso. Sentenza che annullerebbe di fatto quella del Tar, ottenuta grazie al lavoro instancabile dei Comitati che si sono interessati a questo progetto la cui realizzazione, ad oggi, non è ancora ammissibile e lecita. Ma andiamo con ordine.

di Valerio Fontana

Il Consiglio di Stato ha sancito la carenza di legittimazione a ricorrere da parte del comitato “No Tunnel“, tuttavia non è entrato nel merito, ovvero non si è espresso in materia di VAS (Valutazione ambientale strategica) e di tutte le autorizzazioni e procedure necessarie a cui dev’essere sottoposto questo mega-progetto.

Per il progetto ‘Tunnel’ mancano valutazioni necessarie e autorizzazioni

Insomma, valutazioni necessarie ma mai completate e autorizzazioni che non sono state ottenute. Parliamo di un’ampia zona centrale, nel cuore urbano della città, che vedrebbe quindi la definitiva trasformazione di una parete naturale, un costone fronte-mare al di sotto di Piazza Sant’Antonio. Come tutto il territorio di Termoli, anch’esso ricadente nel PTPAAV (Piano territoriale paesistico-ambientale di area vasta) n. 1 della Regione Molise, per cui è necessario il parere della Sovrintendenza, anch’esso non richiesto per realizzare il “Tunnel”.

In realtà è molto riduttivo definire semplicemente “Tunnel” questo progetto, frutto anche di scelte ponderate dei termini per indorare la pillola. Infatti, l’eventuale “passante” ne rappresenta soltanto una piccola parte, ovvero il finanziamento pubblico di 5 milioni di euro destinati alla viabilità.

Riqualificazione urbana o affare edilizio?

Restano altri 15 milioni a carico del privato, in modalità “project financing” da investire nella realizzazione di un parcheggio multipiano, un teatro e un centro commerciale in concessione all’impresa De Francesco che ne ricaverà i guadagni. Fin qui sarebbero interventi piuttosto leciti e comprensibili in un’ottica di Ppp (Partenariato pubblico privato), ma non è tutto. È anche prevista una importante operazione immobiliare che prevede la realizzazione di 10 appartamenti da vendere ai privati.

Le residenze, unità immobiliari, rappresentano la massima espressione del concetto di proprietà privata, ovvero quanto di più distante dal concetto di pubblici e di spazi destinati alla collettività, oggetto della famosa rigenerazione urbana. Temi, questi ultimi, centrali per il comitatoTermoli decide” di cui sono stato presidente con altri componenti.

Dovrebbero essere i termolesi a esprimersi su questo importante argomento!

Con gli altri membri, difatti, proponemmo di indire un referendum a cui lo stesso Partito “democratico” si oppose. A noi sarebbe piaciuto chiedere ai termolesi quale sarebbe l’idea giusta per riqualificare Piazza Sant’Antonio e Pozzo Dolce, e se offrire quest’area in “pasto” ad un affare privato piuttosto che dare una funzione pubblica agli investimenti previsti.

Premesso che nel rispetto della legalità sono situazioni consentite, compreso il mercato immobiliare, il punto è che ai cittadini termolesi è stato nascosto tutto ciò e spacciato prima come semplice tunnel, poi come rigenerazione urbana. In estrema sintesi, a colpi di “omissis” e sinonimi, buona parte della nuova cubatura nascerebbe in pieno centro, realizzata da un imprenditore che rivenderebbe il tutto a 10 privati, ma così facendo solo in pochi godrebbero della cosiddetta “riqualificazione urbana”.

Il progetto andava discusso con comitati e cittadini

Resta il fatto che Termoli ha un problema di viabilità, come lo vogliamo risolvere? Ed ancora: qual è la soluzione migliore per gestire il traffico nel centro urbano? Altrettanto evidente il problema dei parcheggi. Inoltre, c’è da dire che Pozzo Dolce va assolutamente recuperato. Infatti, è inaccettabile che tre terrazze sul mare siano in un tale stato di degrado. Va bene anche che si coinvolgano i privati, che investano e realizzino nel pieno della legalità e nel rispetto della tutela del paesaggio ma soprattutto mantenendo lo stato di “pubblico” negli spazi dati in concessione. Del resto, tutto questo avviene a pochi metri dalla costa, cioè dal demanio.

Avremmo voluto parlare di ciò con l’amministrazione comunale che ha proposto il progetto con la ditta e i suoi tecnici e soprattutto con i diretti interessati: i termolesi. Non ci sarebbe stato nessun ricorso, nessuna battaglia, solo migliorie al progetto con somma gioia dell’impresa che avrebbe realizzato l’opera. In definitiva una grande occasione persa.

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